Inguine, ernie inguinali e corsa: le risposte degli esperti

Prima Luca Sito, il primatista italiano dei 400, operato in aprile per le ernie inguinali e al rientro in pista tra poche ore al Meeting di Nembro. Poi Matteo Melluzzo, lo sprinter siracusano nuovo faro della 4×100, alla vigilia degli Europei a squadre di Madrid operato per la “Groin Pain Syndrome”, la sindrome del dolore inguinale.

Con loro, decine di atleti e runner hanno avuto a che fare con l’ernia inguinale o con dei più semplici problemi all’inguine, una zona delicata strettamente collegata con tendini e muscoli adiacenti, in primis gli adduttori. Una zona che merita un rapido botta e risposta con i ragazzi di Osteopathy Track&Field: Giacomo Consorti, Mattia Cella e Roksana Fard.

Giacomo Consorti, Mattia Cella e Roksana Fard.


Quando si sente pizzicare l’inguine quali sono i trattamenti che bisogna fare subito?
“Il dolore inguinale può essere indice di diverse condizioni cliniche, ognuna delle quali richiede approcci terapeutici differenti. Nei casi più comuni, è causato dal complesso muscolare retto-adduttorio, ma spesso sono presenti cause concomitanti, primarie o secondarie. Tra queste si possono includere problematiche muscolo-tendinee dell’ileopsoas (lesioni o tendinopatie), osteite pubica, sports hernia, sofferenza ossea di ischio e pube o dolori riferiti da disfunzioni viscerali. L’elenco è, purtroppo, molto lungo. Pertanto, ai primi sintomi è consigliabile sospendere l’attività sportiva e rivolgersi a un professionista per una valutazione approfondita. In molti casi è opportuno effettuare esami strumentali, come ad esempio un’ecografia se si sospetta un’ernia inguinale. Una volta accertate le cause, si avvia il percorso terapeutico, che può includere terapia manuale, esercizi di rinforzo e condizionamento muscolare, rimodulazione del carico o, in alcuni casi, un intervento chirurgico.

Conviene fermarsi del tutto per non aggravare la propria condizione?
“Le indicazioni variano in base alla causa del dolore. In alcuni casi è necessario il riposo completo, ma più spesso è sufficiente una sospensione temporanea dell’attività ad alta intensità, seguita da una progressiva rimodulazione del carico sotto supervisione. Un recupero attivo e controllato, basato su esercizi terapeutici, è spesso più efficace del riposo assoluto per prevenire ricadute o cronicizzazione”.

L’ernia inguinale ha correlazioni con la struttura muscolare e con eventuali stiramenti, lesioni alla zona o allenamenti fatti male?
“Una teoria un po’ datata ma ancora diffusa suggerisce che la debolezza della muscolatura addominale sia un fattore di rischio per l’insorgenza di ernie inguinali. Le lesioni muscolari addominali sono relativamente rare ma, quando presenti, possono simulare la sintomatologia di un’ernia. In entrambi i casi, una gestione inadeguata del carico di allenamento può portare ad alterazioni del gesto motorio che, secondo alcuni professionisti, rappresentano un fattore predisponente per le problematiche addominali”.



Quali sono i tempi di recupero dopo una lesione della muscolatura addominale e dopo un intervento di ernie inguinali? Dopo quanto si può tornare a correre, distinguendo tra chi di mestiere fa il runner e chi il velocista?
“I tempi di recupero da una lesione muscolare addominale dipendono dalla sede e dalla gravità del danno. In generale, si va da circa 1-4 settimane per una lesione di primo grado (BAMIC) fino a diversi mesi per lesioni più gravi. Dopo un intervento chirurgico per ernia inguinale, i tempi variano in base alla tecnica utilizzata e all’entità della lesione. Indicativamente, la corsa leggera può essere ripresa dopo 2-4 settimane; la corsa intensa, in particolare per i velocisti, richiede dalle 6 alle 12 settimane. I runner di endurance possono tornare a correre gradualmente dopo circa 4-6 settimane. È fondamentale concordare le tempistiche di ripresa con il personale sanitario che ha eseguito l’intervento e seguito la riabilitazione”.

Come è possibile prevenire i problemi in zona inguinale, quali sono gli esercizi da fare in allenamento?
“L’argomento è ancora poco trattato nella letteratura scientifica, ma sono promettenti i programmi di prevenzione centrati sulla stabilizzazione pelvica e sul rinforzo muscolare. Ne sono esempio gli esercizi di rinforzo per i flessori d’anca, gli esercizi così detti di rinforzo della muscolatura stabilizzatrice del tronco (core stability) e il Copenhagen exercise per gli adduttori. Una corretta progressione del carico e una tecnica esecutiva adeguata, sia in allenamento sia nella corsa, sono elementi fondamentali per la prevenzione”.

foto Grana / Fidal

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