Con il record del mondo della 35 km (2h20’43”, quasi un minuto in meno del precedente detentore, il canadese Dunfee) stabilito a Podebrady, Massimo Stano si è confermato ancora una volta ai vertici assoluti del movimento.
Dopo i fasti degli europei a squadre, l’allievo di Patrick Parcesepe si è rimesso subito a lavoro perché ad attenderlo c’è l’importante 20 km di La Coruña, lo snodo cruciale per avallare o modificare l’idea di presentarsi al via in entrambe le distanze ai prossimi mondiali di Tokyo, manifestazione che segnerà il suo ritorno nella città che quattro anni fa lo incoronò campione olimpico. Dopo la trasferta galiziana, il portacolori delle Fiamme Oro gareggerà direttamente in Giappone a metà settembre. Dal 21 luglio al 20 agosto è previsto il ritiro al fresco di Roccaraso.
Il 2024 di Massimo Stano è stato piuttosto amaro, caratterizzato dall’infortunio alla caviglia rimediato in maniera rocambolesca ai mondiali a squadre di Antalya e dalla successiva rincorsa che non gli ha impedito di marciare ai Giochi di Parigi anche se non al top della condizione (fu 4° nella 20 km e 6° nella staffetta mista con l’amica di sempre Antonella Palmisano).
Ecco perché il 33enne di Palo del Colle si è affacciato sulla stagione iridata con nuove motivazioni, nuove esperienze e metodologie di allenamento. Con la voglia di tornare a fare quello che più di ogni altra cosa sa fare: vincere.

Massimo, ma il record del mondo era un obiettivo prima di partire per la Cechia?
“I test effettuati sulla lunga distanza durante il raduno di Ostia con la Nazionale avevano evidenziato una buonissima condizione. In realtà sono andato a Podebrady con un approccio rilassato, puntando innanzitutto alla vittoria”.
A quel tempo pazzesco non ci avevi pensato?
“Con il mio allenatore ci eravamo detti di analizzare la gara passo dopo passo e di decidere la strategia in tempo reale. Nel caso non ci fosse stata molta bagarre per il primo posto, allora avremmo valutato delle sfide interne, con me stesso”.
E com’è andata?
“Patrick mi ha detto: “Vediamo come riesci a chiudere gli ultimi 20 km”. Sapeva che stessi andando fortissimo. Io mi sono accorto di avere quel tempo sono negli ultimi cinque, anche perché sono uno che gareggia sempre senza cronometro”.
Ma quanto vale il record del mondo per un atleta élite della marcia?
“Sicuramente (ride) più di quello che ho ricevuto dopo il record europeo di 2h23′ firmato ai mondiali di Eugene nel 2022 (il premio fissato dalla Federazione, allora, si aggirava intorno ai 30mila euro, ndr)”.

Già a fine dicembre, in quel di Dublino, avevi centrato lo standard per i mondiali sulla 35 km con 2h24’19”, non lontano dal tuo vecchio primato europeo. Cos’è cambiato rispetto al passato?
“Innanzitutto, per la prima volta in carriera, sono stato un mese in altura, in Cina, proprio poco prima della gara in Irlanda. Ma soprattutto ho trascorso due mesi e mezzo in Giappone durante l’inverno. Lì ho seguito gli allenamenti di Yamanishi (il primatista mondiale della 20 km e suo grande amico, ndr) con alcuni adattamenti che Patrick ha poi personalizzato per me. Allenarmi in un modo diverso rispetto al passato mi ha fatto capire che si poteva osare di più dal punto di vista dell’intensità. Il frutto di quel lavoro non è stato raccolto subito. A Taicang non ero così brillante. Adesso invece le cose sono cambiate, riesco a viaggiare a una velocità maggiore”.
La domanda della settimana è la stessa che abbiamo rivolto pochi giorni fa al responsabile di settore Riccardo Pisani: a Tokyo farai sia la 20 km che la 35 km?
“L’idea generale è quella. A Budapest ho doppiato e anche a Parigi, dopo la gara individuale, ho disputato la staffetta mista. Quest’anno, però, la 35 km precede la 20 km, un dettaglio non di poco conto. Il prossimo 7 giugno sarà la giornata decisiva. La 20 di La Coruna quest’anno è un mini mondiale. Ci saranno tutti i più forti, ad eccezione del campione olimpico Pintado, infortunato. Quella gara sarà l’indicatore migliore per sederci poi intorno a un tavolo, staff tecnico e federale, e prendere la decisione definitiva”.
Quest’anno sei partito con una determinazione spaventosa. La delusione di Parigi ti ha convinto a cercare il pronto riscatto?
“Sfortuna è stata la parola chiave del 2024. Dopo l’infortunio di Antalya ho creduto fino alla fine di andare a Parigi quando gli altri non ci credevano più. Nonostante un’altra distorsione in gara, sono riuscito ad arrivare a un secondo dal bronzo e a fare con gli antinfiammatori due ottime frazioni nella staffetta. E’ vero, non ho preso la medaglia ma ritengo di aver fatto comunque una grande Olimpiade alla fine di un percorso all’insegna della perseveranza”.
Parigi insomma ti ha dato anche forza e consapevolezza.
“Mi ha fatto capire di essere ancora sul pezzo. Nonostante qualche acciacco fisico e i 33 anni, sono ancora lì, tra i migliori. Il sogno Los Angeles 2028 rimane attivo. Mentre sapere di tornare a Tokyo è molto stimolante. I risultati di questo 2025, dal primato europeo nei 10.000 su pista a questo record del mondo nella 35 km, mi fanno credere di poter essere protagonista. Ma più che circondarmi di aspettative, sono molto curioso di quello che riuscirò a combinare”.

Hai fatto riferimento ai due mesi e mezzo trascorsi in Giappone. Cosa ti è rimasto di quest’esperienza?
“Il Sol Levante mi ha regalato ancora emozioni, proprio come per le Olimpiadi di quattro anni fa. E’ stato un periodo di crescita, dove ho avuto modo di apprezzare la cultura e le persone. Credo che sia stata un’esperienza arrivata al momento giusto della mia carriera e della mia vita personale. Ma devo ammettere che non è stato facile, perché oltre a me si è dovuta adattare anche la mia famiglia, che mi sono portato dietro con tanta felicità”.
Com’è il tuo rapporto con Parcesepe dopo tutti questi anni?
“E’ un legame sempre più intenso. Tra di noi basta uno sguardo per intenderci. Sulla programmazione è uno che tiene conto sempre dei miei feedback. Non era abituato ad allenare a distanza, ma quando gli ho comunicato l’idea di andare in Giappone, ha avuto il mio stesso entusiasmo e la stessa curiosità per questa nuova avventura. Entrambi abbiamo ora una nuova visuale. Siamo usciti rafforzati da questa esperienza. E’ come se avessimo superato insieme un altro ostacolo. Questo accade solo quando c’è totale fiducia e hai la possibilità di lavorare in armonia”.
A Podebrady la Nazionale è stata fantastica, anche con i più giovani già tra i migliori in circolazione. Disabato può essere il tuo erede?
“Per quello che sta dimostrando, direi di sì. Ma in generale, da capitano della selezione azzurra di marcia, sono orgoglioso di questi ragazzi. Stanno dando prova di grande consistenza, a Podebrady hanno fatto quasi tutti il personale. Io alla loro età andavo molto più piano… Sono anche un grande stimolo. Sai che stanno arrivando, che c’è una concorrenza a casa tua e che non è ammesso rilassarsi”.
Le foto di Massimo Stano a Podebrady sono di Sportmedia/ Fidal