Maxcel Amo Manu, nuova freccia azzurra dell’atletica e papà-sitter: “Ora un anno di duro lavoro per Parigi”

In attesa di rivedere in pista il miglior Marcell Jacobs, la velocità azzurra ha una nuova freccia in grado di regalare soddisfazioni e medaglie. E’ Maxcel Amo Manu, che ai mondiali di atletica paralimpica a Parigi ha realizzato una storica doppietta 100-200 metri, dando libero sfogo a tutto il suo talento e coronando due anni di grande lavoro in pista.

Maxcel, classe 1992, ha origini ghanesi: è arrivato in Italia con la mamma a 11 anni, oggi vive a Bologna con la sua bellissima famiglia, si allena al campo scuola Baumann ed è tesserato per le Fiamme Azzurre.

Nella categoria T64, quella degli amputati (nel 2017 Maxcel ebbe un brutto incidente con lo scooter mentre si recava a lavoro, ndr) ha prima vinto i 100 in 10″71 dopo aver stabilito il record europeo e avvicinato il record del mondo in semifinale correndo in 10″64, poi ha concesso il bis sulla doppia distanza, con un altro record europeo (21″36) che ha abbassato di mezzo secondo il suo personale.

“Mi aspettavo e speravo di vincere una medaglia, con il mio staff eravamo sicuri di poter ottenere buoni risultati – spiega Maxcel – ma due ori così no. E’ anche vero che in questi due anni di lavoro mi sono dato da fare e ci ho sempre creduto”.

Maxcel, tra un anno, a Parigi, ci tornerai per le Olimpiadi.
“Ho già l’ansia, gli altri atleti sono più preparati e mi aspetta un anno di durissimi allenamenti per restare competitivo”.

Prima dell’atletica e dell’incidente, ti eri dedicato a molte discipline, come calcio, basket, boxe. Com’è avvenuta questa scoperta?
“E’ successo tutto al centro protesi Inail di Vigorso, nel 2021, durante il percorso riabilitativo. Avevo fretta di tornare a camminare, i ragazzi dell’equipe medica mi hanno visto molto attivo e mi hanno proposto di provare”.

Lo sport agonistico è arrivato per te nel momento giusto anche per darti una mano dal punto di vista psicologico. E, a tal proposito, hai dedicato le tue vittorie a tutte le persone in difficoltà.
“Quando ti succede quello che è successo a me, a 25 anni, la vita ti cambia radicalmente e pensi che tutto sia finito. In qualche modo, devi ricominciare a vivere da capo. Perdi molti amici, la gente per strada ti guarda. Entrare nel mondo dello sport paralimpico aiuta, soprattutto per chi soffre la diversità e la vive come un peso. Io ormai sono più forte, metto la protesi e corro, non mi faccio influenzare. Anche se senza protesi, ad esempio quando vado alle visite, non è che mi piaccia tanto…”.

Hai due bellissimi bambini, Ashley di 4 anni e Rayan di 2.
“Quando non mi alleno, faccio il papà-sitter, perché la mia compagna Serena lavora in ospedale come radiologa. Al momento ho più tempo per loro, perché al di là di qualche corsetta, ho preso una pausa prima di riprendere la preparazione per la stagione che verrà”.

Li educherai a pane e atletica?
“L’atletica la conosceranno sicuro, dato che li porterò con me agli allenamenti. Se poi non gli piacerà, andrà bene anche qualcos’altro”.

In molti giocano sull’assonanza tra il tuo nome e quello di Jacobs, lo sai?
“Sì, ho letto. Mi farebbe piacere conoscerlo, ma questo non è il momento, è molto concentrato sul suo recupero. E’ stato sfortunato ma sono sicurò che tornerà presto al top”.

Credit foto Augusto Bizzi

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