L’Italia “impantanata” di Bruxelles: la parola ad Andrea Lalli

La sola Nadia Battocletti non basta. Gli Europei di cross hanno mostrato un’Italia in grandi difficoltà nel fango di Bruxelles, incapace di tenere fede alle buone aspettative della vigilia. Se l’anonimato delle categorie giovanili imporrà a tempo debito un pensiero sull’intera attività, tra gli assoluti, ci si aspettava una medaglia anche al maschile e nella staffetta mista, e invece non siamo stati all’altezza.

Yeman Crippa, dato tra i favoriti per l’oro dopo il 4° posto dello scorso anno, è naufragato ben presto nelle retrovie, finendo al 13° posto. Dispersi gli altri: il migliore è stato Luca Alfieri, 29°, mentre hanno sorpreso in negativo il 49° e 50° posto di Aouani e Selvarolo, oltre al ritiro di Bouih.

Giornata storta? Difficile che l’interrogativo possa valere per tutti. Per la spedizione belga, si è puntato sui grandi nomi del mezzofondo e forse non poteva essere altrimenti, in mancanza di ricambi di qualità.


La nostra punta è Yeman Crippa e l’alternativa non c’è. Ma la domanda da porsi è: com’è stato preparato questo appuntamento? L’Europeo di cross era stato davvero cerchiato con il rosso sul calendario anche per gli altri componenti della squadra azzurra o era uno dei tanti a cui presenziare, sperando di far bene? Abbiamo coinvolto in questa riflessione Andrea Lalli, uno che di campestre se ne intende: è stato oro a Budapest 2012 dopo aver vinto gli Europei anche tra gli juniores e gli under 23.

“Ripensando al passato – spiega il molisano Lalli – bisogna analizzare l’avvicinamento a questi campionati europei. Ai miei tempi, finita la stagione outdoor, l’attività veniva sospesa e ci si preparava per essere al top della condizione a dicembre. Yeman Crippa sta preparando la maratona e non poteva pensare di essere al 100% in Belgio, lo si era già visto a Venaria Reale. Delle due, l’una: se fosse andato fortissimo a Bruxelles, avrebbe dovuto chiedersi cosa stesse sbagliando in chiave maratona”.


Anche Aouani sembra concentrato sulla maratona. Lui, appena un mese fa, ha corso a New York, arrivando settimo. “Non mi aspettavo un Iliass in condizione, non avrà fatto in tempo a recuperare. Selvarolo? Il picco di forma l’ha toccato un mese fa, quando ha corso fortissimo la mezza di Ravenna e la settimana dopo si è dovuto spremere a Venaria per la gara di selezione. A mio avviso, domenica era già in fase calante. E per viaggiare su quel percorso così pesante, devi avere grandi gambe”.

Sia Crippa che gli staffettisti hanno tirato in ballo la difficoltà di spingere sul terreno fangoso del Laeken Park. “E’ chiaro che siano favoriti gli atleti più potenti rispetto a quelli gracilini. Ma la controprova ce l’abbiamo con quello che ha saputo fare Nadia Battocletti. Lei ha curato nei minimi dettagli questa gara. Ha saputo gestirsi perché è arrivata pronta. Nelle settimane precedenti, mi ha chiamato suo papà Giuliano. Aveva rivisto le mie gare a Bruxelles e mi ha chiesto consigli su come affrontarla. Non c’è dubbio che dal punto di vista della forza e della capacità di spinta delle gambe, Nadia sia arrivata più pronta degli altri”.

Quel che dice Lalli combacia con quanto ci aveva raccontato ieri Giuliano Battocletti. Per Nadia questi Europei erano un obiettivo messo nel mirino da tempo e tutto quello che è successo negli ultimi due mesi, comprese le ottime prestazioni a Riga sui 10km e ad Alcobendas sui prati, non erano altro che allenamenti rinforzati, il contorno in attesa di sparare il colpo in canna.

“Per andare a correre a Bruxelles devi essere preparato – ribadisce Lalli – Puoi permetterti di arrivarci con più leggerezza solo se sei sicuro di avere un percorso asciutto, come in Portogallo o a Chia (scenario dell’europeo 2016, ndr). Un europeo di campestre non si può snobbare né improvvisare o preparare al caldo. Comprendo il richiamo economico della maratona e degli ingaggi delle corse su strada. Però non si può andare forte su tutti i terreni e gareggiare dappertutto negli stessi periodi. Così si rischia di rimanere con un pugno di mosche in mano”.


La tendenza di spostarsi sulle maratone e sul runningout of stadia” per dirla con l’etichetta usata dalla World Athletics in sede di premiazioni degli atleti dell’anno, è evidente, a cominciare da Crippa.

Ma vale la pena sacrificare il mezzofondo su pista e le campestri, dove a livello europeo si può raccogliere tanto? “Se fossi in questi ragazzi farei delle scelte. Arrivare sesti o settimi in una maratona o correre 2h07′ quando gli altri vanno quattro minuti più forti di te siamo sicuri che porti dei benefici per la carriera? Alla fine si è ricordati per le medaglie e non per i piazzamenti“.

Le parole di Lalli suonano anche come un’autocritica, per uno che ha vissuto sulla sua pelle il tentativo di cambiare strada. “Anche io ho pagato la scelta di indirizzarmi verso la maratona. Se fossi rimasto solo nel mezzofondo, avrei salvaguardato i miei tendini e vincere diversi europei di cross, emulando la carriera di Lebid. Invece ho finito male la carriera, non riuscendo quasi più a camminare”.

Ma oggi cosa fa Andrea Lalli dopo aver appeso le scarpette al chiodo? Dopo aver corso per le Fiamme Gialle, si è dedicato al lavoro in Guardia di Finanza e alla famiglia, rimanendo lontano dall’ambiente dell’atletica. “Da qualche settimana ho ricominciato a correre. Ho un sogno: mi piacerebbe che mia figlia Siria mi vedesse correre almeno una volta. E’ una sfida quasi impossibile dopo i tre anni di inattività. Ma ci voglio provare”.

Foto Grana / Fidal

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