Kelvin Kiptum stava preparando le due imprese che l’avrebbero consegnato alla storia

Era felice e sorridente, Kelvin Kiptum, fino a pochi giorni fa. Gli allenamenti, seppur massacranti, andavano bene e lo gasavano. Tanto da aver voglia, nonostante la fatica, di chiudere le sessioni di lavoro con degli scatti fotografici insieme al suo staff. Era successo giovedì 8 febbraio, dopo un lungo di 35 km. E anche sabato, dopo 18 km di fartlek.

Solo poche ore più tardi, Kiptum avrebbe lasciato questa terra in maniera tragica e prematura. Se n’è andato troppo presto Kelvin, portando con sé i sogni di un ragazzo di 24 anni con tutta la vita – compresa la carriera sportiva – davanti.

Chissà come ci avrebbe fatto divertire ancora, sulle strade di tutto il mondo, il keniano. In sole tre maratone, nel giro di dieci mesi, aveva lasciato intendere di poter spostare molto più in là dell’immaginabile i limiti umani, lui che a fare i conti con i 42,195 km aveva iniziato presto rispetto a un atleta medio.


Tre maratone: solo vittorie e tempi stratosferici. Tre maratone per diventare il runner più ammirato e cercato del mondo: Valencia nel dicembre 2022 (2h01’53”), Londra a marzo 2023 (2h01″25) e Chicago a ottobre dello stesso anno (2h00’35”), con il primato del mondo e la promessa – quasi una certezza – di abbattere il fatidico muro delle due ore.

Il negative split era ormai diventato un marchio di fabbrica (59’45” a Londra, appena due secondi in più a Chicago), quasi una sfida al mondo intero: quando gli altri sono sopraffatti dalla fatica, io riesco ad andare addirittura più forte.

Avevano fatto notizia le indiscrezioni sugli allenamenti massacranti: i famosi 300 km a settimana percorsi da Kiptum nonostante gli avvertimenti del suo allenatore, il ruandese Hakizimana con lui scomparso. E, ancora, quel ritiro volontario, quasi spirituale a ridosso delle maratone. Un rito, l’ennesimo sacrificio auto-imposto: isolarsi a Eldoret dal lunedì al sabato, dormire lontano dalla famiglia, nonostante moglie e figli fossero distanti mezz’ora di macchina.


Kelvin Kiptum stava preparando un 2024 che probabilmente l’avrebbe consegnato alla storia dopo appena cinque maratone: prima l’attacco il 14 aprile al muro delle due ore nella velocissima Rotterdam. Poi la maratona di Parigi ad agosto: il testa a testa con il veterano e connazionale Kipchoge e la caccia alla medaglia d’oro olimpica.

La breve ma trionfale parabola di Kiptum resterà insomma indelebile negli occhi degli appassionati. La storia di un pastore di un villaggio diventato l’uomo più resistente al mondo a suon di incredibili sessioni di allenamento – e aneddoti correlati – servirà da ispirazione a migliaia di runners. A portarlo nel mito, purtroppo, ci ha pensato il destino maledetto, non nuovo a tendere tranelli ai grandi campioni dello sport.





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