La luce in fondo al tunnel: l’incredibile storia di Francesca Mentasti

Il 12 novembre 2024 e il 24 maggio 2025 sono due date che Francesca Mentasti non potrà mai dimenticare. Messe insieme, rappresentano la sua completa rinascita al termine di un calvario durato nove anni e cinque, delicati interventi chirurgici per una fistola sfuggente e subdola che fino all’autunno scorso ha piegato (ma non spezzato) questa promettente varesina, 22 anni da compiere a ottobre, che si allena con Silvano Danzi insieme ai ragazzi del College del Mezzofondo.

Il 12 novembre è il giorno dell’operazione decisiva che ha permesso a Francesca, portacolori della Pro Sesto Atl. Cernusco di porre fine a infiammazioni, ricoveri e tagli. Il 24 maggio è invece il giorno del 10’14″55 siglato nei 3000 siepi al meeting di Bruxelles: un crono che fa rima con il minimo per gli imminenti europei Under 23 di Bergen e che le consegna – anche se ancora non in via ufficiale – la prima maglia azzurra dopo anni di attività condotta per forza di cose a spizzichi e bocconi, senza mai essere nelle migliori condizioni di piazzare l’acuto.

I cinque interventi e la svolta di Torino

“Fino all’anno scorso – racconta Francesca Mentasti, studentessa di Psicologia non lontana dalla laurea triennale – nessuno era riuscito a vedere quella fistola che mi portavo dietro dalla nascita e che in pratica era cresciuta con me sottotraccia. Nel 2016 ho cominciato ad avere difficoltà nel deglutire e hanno deciso di operarmi. E’ stato tremendo, sono finita in rianimazione, faticavo a scendere dal letto e a mangiare. Avevo solo 12 anni e ho subito un grande stress fisico”.


Passano gli anni, le visite, gli interventi. “Spesso mi sentivo una malata immaginaria. Il problema non era facile da diagnosticare. Ho fatto mille indagini e una ventina di risonanze. Tutti gli specialisti che ho consultato non capivano di cosa soffrivo, però operavano nella speranza di trovare qualcosa. Aprivano il collo ma non vedevano niente, drenavano solo la materia che si creava con l’infiammazione. Nei periodi critici, il sintomo principale era il mal di gola e una sensazione di soffocamento, come se il canale fosse ostruito. E’ grazie all’atletica e alla fatica che facevo durante gli allenamenti che mi accorgevo delle ricadute”.

I medici, a un certo punto, le avevano detto di rassegnarsi. Che quel problema se lo sarebbe portato per tutta la vita. Fino a quando Francesca finisce a Torino dal professore Succo. Le viene prospettato l’ennesimo intervento, il quinto. Con un’esplorazione di tutto il distretto ma senza certezza sui risultati.

“Mi sono autoconvinta, ho voluto provarci ancora, consapevole dei rischi che mi sono stati prospettati. La fistola di 10 centimetri era nascosta nelle strutture vascolari. E’ stato un intervento miracoloso. E io ne sono uscita abbastanza bene, perché ho perso soltanto la sensibilità nel lato sinistro della faccia e nell’orecchio e non ho avuto, per fortuna, alcun danno alla voce”.

E pensare che anche l’ultimo e risolutivo intervento ha avuto una genesi più complicata del previsto. “L’ultima ricaduta l’ho avuto a settembre, dopo l’esperienza di volontariato in Indonesia. Sono stata ricoverata un mese per curare l’infezione con dosi massicce di antibiotici e cortisone”.


Poi, a ottobre, quando tutto era pronto per finire sotto i ferri, Francesca viene scambiata a livello di documentazione per una omonima minorenne di Torino: la procedura era rimasta in standby per un paio di settimane, concedendo così all’infezione il tempo di rifarsi viva…

Francesca Mentasti può essere il futuro dei 3000 siepi

Francesca, come hai vissuto questo dramma?
“E’ stato frustrante, mi rimettevo sempre in gioco, sperando che la situazione potesse cambiare. Mi ripetevo che fosse la volta buona e invece… Alle gare era umiliante finire nelle retrovie, sapevo di mandare all’aria le ore di allenamento e i sacrifici fatti, mi dispiaceva deludere il mio allenatore. Però mi sono sempre rialzata”.

A proposito di Silvano: Danzi riveste un ruolo speciale in questa storia…
“Mi segue dalla terza media e ha vissuto tutto il mio calvario. Mi ha sempre motivato e incoraggiato, mi ha convinta a guardare oltre, valorizzando ogni singolo sforzo fatto per rimettermi in piedi”.


Cos’altro ti ha spinto a non abbatterti e a tornare sempre in pista?
“Ce l’ho fatta perché mi sono data sempre un obiettivo, anche fossero le gare di paese. Vengo da una famiglia di sportivi. E prendo esempio da mio nonno, che a 90 anni è ancora lì a correre e ben figurare nei Master”.

Da mezzofondista sei anche un’atleta abituata alla resistenza.
“Questa qualità ha avuto dei pro e dei contro in questa storia. Da un lato, mi ha aiutato a sopportare il peso dei momenti più drammatica. La soglia del dolore molto alta mi ha forse fatto risultare poco credibile agli occhi degli altri”.

Dopo tutto quello che hai passato, cosa apprezzi oggi Francesca Mentasti?
“L’esser sana. Vivo ogni singola cosa con leggerezza e serenità”.


E finalmente puoi esprimerti al meglio in pista. A Bruxelles hai messo il primo mattoncino per una rinascita sportiva.
“Silvano ha voluto che le siepi fossero la mia nuova sfida personale. Mi ha detto: “Questa è la tua nuova vita, non hai pressioni”. E’ già un risultato potersi confrontare con le altre. Sono tutte molto carine, conoscono la mia storia e mi incoraggiano. Certo, adesso che sono competitiva è ancora più bello. Mi sento parte del giro”.

Quanto margine c’è ancora?
“Parecchio. Si può scendere sotto i 10 minuti. Anche perché il 10’14” di Bruxelles è il frutto di una gara non perfetta. Ho avuto un problema con un ostacolo, mi sono ribaltata in avanti. E poi devo migliorare la riviera. La faccio ancora a piedi pari e perdo molto tempo”.

Perché le siepi?
“Mi sono sempre piaciute e ho sempre fatto gli ostacoli in allenamento. Da allieva, nei 2000 siepi, avevo anche fatto i tempi per gli europei che poi non si disputarono a causa del Covid. Avere centrato il limite per gli europei per me ha il sapore della rivincita, dal momento che per un solo secondo non riuscii a fare il minimo per i mondiali under 20 di Cali 2022. Per la verità mi piacciono anche i 1500. Ho 4’23” di personale e lo standard è vicino. Per Silvano sono ormai una siepista. Ci stiamo concentrando su quello e su questa distanza ci sono anche più possibilità e meno concorrenza al momento”.


Quali sono gli obiettivi adesso?
“Fare bene ai campionati italiani di categoria del prossimo fine settimana. Poi voglio godermi la mia prima volta con la Nazionale a Bergen, andare in finale sarebbe un grande traguardo. Mi rivedrete in pista anche all’inizio di agosto, abbiamo deciso di andare e provare a fare bella figura ai Campionati italiani Assoluti di Caorle”.

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